Le Scale Aumentate
per il
Violino Jazz
di
Luigi Mangiocavallo
LA SCALA AUMENTATA
La scala aumentata si basa sulla divisione dell’ottava in tre terze maggiori.
A ciascuna delle tre note che dividono l’ottava se ne aggiunge un’altra a distanza di un semitono inferiore.
Si ottiene così la scala aumentata; nell’esempio, la scala di C può anche essere vista come segue, per meglio intenderne la struttura.
Non pretendiamo in questa sede di argomentare sulla storia, i teorizzatori o i maggiori utilizzatori di questa scala, né sui contesti armonici o stilistici di applicazione. Ci limitiamo però a mettere in evidenza alcuni suoi interessanti aspetti che attirano non poco la nostra attenzione e che di seguito elenchiamo:
A- La compresenza di quelli che nelle scale più tradizionali chiameremmo terzo grado minore e terzo grado maggiore, ma che nella scala diminuita dobbiamo considerare come secondo e terzo grado, ambiguità tanto cara al blues e quindi al jazz.
B- L’alternanza degli intervalli 1 semitono-3 semitoni che richiama all’orecchio sapori orientali, piuttosto inconsueti nel nostro sistema, tonale o modale che sia.
C- La presenza di quello che nella scala maggiore è il sesto grado minore, di grande suggestione e portatore di grande tensione nel contesto rilassato dell’accordo maggiore.
D- Infine, la particolare conformazione della scala, che la fa apparire come l’arpeggio di un accordo di 5aug. con un’appoggiatura di semitono inferiore su ogni nota.
USO DELLE SCALE AUMENTATE SUL VIOLINO
Lo scopo di questa breve digressione è quello di mettere su pentagramma alcune idee per la realizzazione pratica delle scale aumentate sul violino, con suggerimenti sulle diteggiature e proposte di alcuni patterns funzionali.
Su uno strumento accordato per quinte giuste come il violino (analogo discorso può valere per gli altri strumenti ad arco e non solo), le scale diminuite presentano alcune difficoltà particolari dovute alla divisione dell’ottava in tre intervalli di terza maggiore, che ha come conseguenza un’ulteriore ripartizione, sommando le prime due terze, alla quinta aumentata.
D’altro canto, proprio queste divisioni regolari dell’ottava si ripropongono come utili simmetrie, concedendo all’esecutore/improvvisatore alcune opportunità di memorizzazione, comprensione e facilitazione, che qui tentiamo di porre in evidenza.
Ci limitiamo in questo studio a estensioni che generalmente non eccedono la terza posizione del violino, perché riteniamo poco interessante il registro acuto dello strumento, adatto solo a particolari effetti. Per quanto ci riguarda più personalmente, preferiamo a tal punto il registro medio-grave da indurci a privilegiare uno strumento a cinque corde, che mette a disposizione il C grave della viola.
Possiamo quindi passare all’esposizione delle quattro scale principali, che per nostra convenzione faremo partire dalla 4° corda vuota, in modo da coprire l’estensione maggiore. Data la simmetria delle stesse, tutte le altre scale, verso il grave o l’acuto che siano, per quanto riguarda un mero discorso di utilizzo pratico, altro non sono che riproposizioni delle quattro principali. Pertanto le sottintendiamo, non senza aver prima riportato un semplice schema di corrispondenze.
G = B = Eb Ab = C = E A = Db = F Bb = D = F#
A partire dalla 4° corda avremo quindi le scale aumentate di G, Ab, A e Bb, cioè quelle che iniziano con la corda vuota, col primo e col secondo dito in mezza e prima posizione. La scala successiva, quella di B, come già detto, è identica per diteggiatura e per formulazione dei vari patterns a quella di G e così procedendo.
ESEMPI
Es.1) Scala aumentata di G. Dalla diteggiatura proposta risulta evidente che la successione più ricorrente è 1-3-4 in ambito di terza maggiore, con il conseguente restringimento della tradizionale estensione di quarta giusta tra il primo e il quarto dito, a partire da Eb4-F#-G, poi B4-D-Eb, poi G5-Bb-B. A questa successione va aggiunta quella di 1-1, che consente lo shift di mezza posizione tra una corda e l’altra dovuto all’ulteriore punto di divisione dell’ottava alla quinta aumentata. La diteggiatura della scala è completata dalla prima parte in cui si usano il G3 e il D4 vuoti, sebbene il restringimento dell’estensione della mano sia già evidente nella mezza posizione Bb3-B eseguiti con 2-3.
Ricapitoliamo la successione di base:
sul G: 0-2-3; sul D: 0/1-3-4, che sul A e sul E diventano: 1/1-3-4.
Es.2) Come Es.1 ma limitato alla prima posizione e quindi con diteggiatura alternativa.
Es.3) In questa scala aumentata (Ab=C=E) abbiamo il pieno utilizzo della diteggiatura simmetrica su tutte le quattro corde: 1-3-4, 1/1-3-4, che ci consente di coprire un’estensione più ampia senza particolari problemi.
Fermandoci per il momento su questa scala, veniamo ad alcune osservazione di carattere generale sull’esecuzione, per cui possiamo stabilire i seguenti punti:
A- In tutte le forme di utilizzo delle scale aumentate e dei patterns su di esse costruite, sarà necessario prestare particolare attenzione alla cura dell’intonazione. Infatti la “posizione” della mano sinistra sul manico, così come tradizionalmente intesa, risulta più instabile a causa dei continui shifts di mezzo tono necessari tra una corda e l’altra. Inoltre, l’estensione contratta tra il primo e il quarto dito, da tenersi pressoché in tutti i passaggi, come noto non risponde neppure essa alla scuola tradizionale della tecnica violinistica. Abbiamo quindi due elementi di instabilità che possono seriamente inficiare la qualità dell’intonazione.
B- Non si tema assolutamente l’uso delle corde vuote. Anche su tale problematica crediamo sia bene svincolarsi da una scuola tradizionale di derivazione ottocentesca e riappropriarsi quanto più possibile dell’anima popolare, sempre potente, del violino. Ciò dovrebbe spingerci a usare con molta parsimonia, o per nulla, il vibrato e invece insistere sulle sonorità aperte, talvolta aspre, delle corde vuote. Su questo fronte più stilistico lasciamo aperto il discorso che meriterebbe una trattazione molto più vasta.
C- La necessità già descritta degli shifts di mezza posizione dovrebbe indurre l’esecutore ad archeggiare in modo da spezzare in due arcate la successione 1-1, al fine di rendere una migliore articolazione del fraseggio. Riportiamo di seguito un paio di esempi su come procedere.
Es.4) Scala dell’Es.3, con arcate collocate in modo da spezzare lo shift 1-1. Notiamo però come questo tipo di articolazione mal si adatti al fraseggio jazz più classico, che privilegia il legato attraverso il beat.
Es.5) Scala dello stesso Es.3, trasposta ritmicamente di un ottavo più tardi, in modo da poter utilizzare l’arcata più consona al fraseggio jazzistico, evitando la legatura nel punto di shift 1-1.
Es.6) Come sopra ma ritmicamente spostato in anticipo. Anche questa soluzione è ottima per il fraseggio jazz.
Es.7) Scala di A=Db=F. Qui la nostra diteggiatura simmetrica ci consente di arrivare, shift by shift, fino alla 3° posizione.
Tuttavia si deve considerare il fatto che, durante la pratica dell’improvvisazione, ci troviamo spesso nella situazione di dover “agganciare” un grado di questa scala al nostro fraseggio, per poterla poi utilizzare secondo piacimento in piccola o grande parte, oppure di doverci “sganciare” da essa per proseguire la frase con altre figure. E’ ovvio che tale operazione risulta più scomoda, quindi meno immediata, se siamo costretti a iniziare l’utilizzo della scala aumentata da una posizione intermedia, come nell’Es.8.
Chi si illudeva di cavarsela sempre con le diteggiature simmetriche è così costretto ad avere di riserva almeno una diteggiatura alternativa, come già accennato con l’Es.2.
Es.9) Proponiamo quindi ancora la scala di A=Db=F, ma con diteggiatura alternativa limitata alla prima posizione, più facile da “agganciare” in entrata o uscita. Rimane la posizione prevalentemente contratta tra primo e quarto dito.
Es.10) Procediamo ora con la scala aumentata di Bb=D=F#. In questo caso abbiamo pedissequamente applicato la regola della diteggiatura simmetrica, ottenendo l’estensione massima fino alla tradizionale 3° posizione (in realtà 4° abbassata o, se si vuole, 3° innalzata, non conosciamo termini più adatti).
Es.11a,b) Come sopra, ma in cui proponiamo un paio di alternative che facilitano l’aggancio in/out con altre frasi ma che limitano l’estensione alla 3° e alla 1° posizione.
Come già specificato non andiamo oltre la scala di Bb in quanto quella di B ripropone quella di G già esaminata. Una volta padroneggiate queste quattro scale principali possiamo iniziare da qualsiasi altra nota.
Es.12) Proviamo quindi con la scala aumentata di E e notiamo come altro non sia che una porzione di quella di Ab descritta nell’Es.3.
Un bravo studente di Jazz sa bene che, per raggiungere la più ampia capacità di impiego delle numerose scale che ha appreso, le deve praticare a partire da tutti i gradi di ciascuna. Così inizierà la scala di CMaj7 da D o da E ecc., sul beat, in levare o acefalo. Tralasciando le varianti ritmiche (che abbiamo accennato e che comunque ci porterebbero in territori troppo vasti), nel caso della scala aumentata, per la sua struttura intervallare simmetrica e per le particolari diteggiature scelte, abbiamo nella pratica dello studio solo due possibilità: iniziare con l’intervallo di tre semitoni o con quello di un semitono, definizione che preferiamo piuttosto che dire col 1° grado o col 6° grado e via muovendoci sulle tre terze in cui è divisa l’ottava. Questo facilita molto il lavoro di inserimento delle scale nel fraseggio improvvisato.
Es.13) Scala aumentata di C iniziata prima dal semitono e poi dai tre semitoni.
PATTERNS SU SCALE AUMENTATE
Per una trattazione più esaustiva dei patterns componibili sulle scale aumentate rimandiamo alla pubblicazione The augmented scale in Jazz di Walt Weiskopf e Ramon Ricker.
Nella nostra sede limitata e più finalizzata allo strumento specifico, proponiamo solo alcune figure basilari, colte tra quelle più ascoltate o tra quelle che meglio si adattano alla natura del violino, ma che possono fungere da punto di partenza per ulteriori sviluppi nel grado di complessità melodica e tecnica.
Un ulteriore limite che ci poniamo è quello dell’estensione. E’ bene assimilare l’uso di queste scale senza inerpicarsi in zone pericolose per il violinista e preferendo, come già detto, il registro medio-grave dello strumento. Consigliamo di usare le diteggiature riportate negli esempi precedenti che si limitano alle prime posizioni e includono molte corde vuote, nonché di praticare tutti i patterns partendo sul beat come scritto o spostando di un ottavo prima o dopo.
Per agevolare lo studente, partiamo nei nostri esempi ancora dalla scala di G e trasponiamo negli altri tre toni. Per cominciare a sgravare il lettore da segni superflui, dall’Es.15 in avanti abbiamo omesso le diteggiature, quando ripetizioni di quelle già mostrate o non necessarie, e di curare l’andamento enarmonico delle alterazioni.
Es.14) Pattern a “terze” spezzate, ascendente e discendente.
Es.15) Pattern di scale spezzate a quattro gradi congiunti.
Es.16) Arpeggio delle tre triadi maggiori.
Es.17) Pattern usato da Oliver Nelson.
Es.18) Stesso pattern di Nelson variato in figura di cinque note.
Es.19) Pattern in arpeggio con ottava diminuita in evidenza.
CONCLUSIONI
Dopo aver praticato elementari fraseggi basati sulle scale e sui patterns qui esaminati e consigliati e dopo averli applicati su semplici standards, lo studente avrà preso dimestichezza col sound delle scale aumentate e potrà passare a una fase successiva di arricchimento ed elaborazione ulteriore della loro articolazione e applicazione.
Concludiamo con il mai superfluo avvertimento che il buon senso ci detta per tutte le cose della vita: anche per le scale aumentate, anzi particolarmente per esse, considerati i loro elementi molto caratterizzanti prima descritti, si raccomanda di evitare l’abuso e di scegliere con sapienza il contesto stilistico e l’andamento tensivo più appropriato.
Le Scale Aumentate per il Violino Jazz
Luigi Mangiocavallo
Roma, Aprile 2010, Maggio 2011